Carissimi,
è uscito oggi, pubblicato dalla casa editrice Giunti, il libro che raccoglie tutte le mie strisce sulla ricerca della pecora Fassina pubblicate quotidianamente da luglio a novembre scorsi sulla rinata Unità. In aggiunti ci sono 24 tavole inedite che formano l'appendice "Vent'anni dopo". Il titolo è "Alla ricerca della pecora Fassina" ma assai più interessante per me è il sottotitolo: "Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni". Se vi riconoscete in questa categoria oppure ci riconoscete un vostro parente o un vostro amico, cercate di comprarlo. Per saperne qualcosa di più cliccate su questo link dove troverete, fra l'altro, l'introduzione che mi ha scritto la dolcissima Ellekappa: http://www.unita.tv/focus/bobo-e-i-compagni-che-resistono-staino-alla-ricerca-della-pecora-fassina/
PRESENTAZIONI
- Domenica prossima 10 aprile, ore 11, auditorium di Scandicci. Con me, Raffaele Palumbo e con la partecipazione di Ellekappa.
- Martedì 12 aprile, ore 18.30, libreria Feltrinelli Duomo di Milano. Con me, Giuliano Pisapia, Daria Colombo e Claudio Bisio.
- Mercoledì 20 aprile, ore 18, Feltrinelli Galleria Alberto Sordi, Roma. Con me, Marianna Rizzini, Francesco Piccolo e Walter Veltroni
Sono in preparazione altre presentazioni tra cui il Salone del Libro di Torino. Se qualcuno di voi è interessato a organizzarne una può mettersi in contatto con Monica Malatesta: monica@agenziamalatesta.com
Un abbraccio
Sergio
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Una delle prime striscie della storia de "Alla ricerca della pecora Fassina" |
Introduzione di ellekappa
Prequel
In una Italia piegata dalla crisi economica, scompaginata dalla comparsa sulla scena politica dell’ennesimo partitoazienda dell’anziano comico in disarmo Grillo, e dove la ragione viene sopraffatta da un pervasivo cyber-populismo tanto strumentale quanto culturalmente miserabile, niente si crea, molto si distrugge e tutto si confonde. Il PD non perde ma non vince. I grillini non vincono ma non perdono. Berlusconi perde ma continua a ricattare il Paese come se avesse vinto. In questa fase di stasi letale in cui solo i vaffanculo a 5stelle sembrano dettare l’agenda politica dell’Italia, Matteo Renzi cavalca l’onda dello smarrimento generale e nel giro di un tweet asfalta Bersani e gran parte della classe dirigente del PD. Mentre il Renzismo (secondo Staino, malattia infantile del Dalemismo) dilaga, e il PD in piena crisi esistenziale – come da tradizione – si divide in due e la metà che considera Renzi un usurpatore si divide in tre, Civati, Fassina e altri lasciano il partito. Si sa che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a disegnare, e così Sergio Staino, armato di sacrosanta esasperazione di fronte all’ennesimo tentativo di suicidio politico di questo partito e in una torrida estate – la più calda da quando esistono le rilevazioni meteo – prendendo a pretesto proprio la fuoriuscita di Fassina, si avventura in un trekking mozzafiato tra i protagonisti del dibattito che ha incendiato la già di suo rovente estate del 2015. Ovviamente Sergio, che non è tipo da sottrarsi alla rissa globale, riesce a ritagliare per sé il ruolo di uno dei principali piromani. Per chiarimenti citofonare Cuperlo.
In una Italia piegata dalla crisi economica, scompaginata dalla comparsa sulla scena politica dell’ennesimo partitoazienda dell’anziano comico in disarmo Grillo, e dove la ragione viene sopraffatta da un pervasivo cyber-populismo tanto strumentale quanto culturalmente miserabile, niente si crea, molto si distrugge e tutto si confonde. Il PD non perde ma non vince. I grillini non vincono ma non perdono. Berlusconi perde ma continua a ricattare il Paese come se avesse vinto. In questa fase di stasi letale in cui solo i vaffanculo a 5stelle sembrano dettare l’agenda politica dell’Italia, Matteo Renzi cavalca l’onda dello smarrimento generale e nel giro di un tweet asfalta Bersani e gran parte della classe dirigente del PD. Mentre il Renzismo (secondo Staino, malattia infantile del Dalemismo) dilaga, e il PD in piena crisi esistenziale – come da tradizione – si divide in due e la metà che considera Renzi un usurpatore si divide in tre, Civati, Fassina e altri lasciano il partito. Si sa che quando il gioco si fa duro i duri cominciano a disegnare, e così Sergio Staino, armato di sacrosanta esasperazione di fronte all’ennesimo tentativo di suicidio politico di questo partito e in una torrida estate – la più calda da quando esistono le rilevazioni meteo – prendendo a pretesto proprio la fuoriuscita di Fassina, si avventura in un trekking mozzafiato tra i protagonisti del dibattito che ha incendiato la già di suo rovente estate del 2015. Ovviamente Sergio, che non è tipo da sottrarsi alla rissa globale, riesce a ritagliare per sé il ruolo di uno dei principali piromani. Per chiarimenti citofonare Cuperlo.
Premessa
Alla ricerca della pecora Fassina ha come sottotitolo Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni. E già da qui si può ragionevolmente affermare che Sergio Staino è un inguaribile ottimista.
Alla ricerca della pecora Fassina ha come sottotitolo Manuale per compagni incazzati, stanchi, smarriti ma sempre compagni. E già da qui si può ragionevolmente affermare che Sergio Staino è un inguaribile ottimista.
Istruzioni per l’uso
La lettura è consigliata a un pubblico adulto di sinistra accompagnato da figli o conoscenti giovani, che possano tenerlo per mano nelle scene più crude in cui l’Autore affonda le mani nella carne viva delle contraddizioni ideologiche.
La lettura è consigliata a un pubblico adulto di sinistra accompagnato da figli o conoscenti giovani, che possano tenerlo per mano nelle scene più crude in cui l’Autore affonda le mani nella carne viva delle contraddizioni ideologiche.
Road Map
Bobo elegge a compagno di viaggio nel girone infernale delle polemiche Marlonbrando, un piccolo Virgilio rom che in questa storia ricopre il ruolo che solitamente Staino affida alla sua famiglia, quell’ancoraggio alla concretezza che rende stridente il contrasto tra la paralizzante etica dei princìpi e la realtà. Una scelta non casuale, nel clima di becero razzismo che attualmente avvelena il Paese. Sergio, che tra tesi e antitesi risolve con lo spiazzamento, dipinge un Renzi multitasking e superficiale, il “pallonaro fiorentino” sempre incollato al suo smartphone dal quale controlla e dirige tutto e tutti, sorvolando su ogni difficoltà e dissenso con il suo ormai proverbiale «Ce ne faremo una ragione». Regala una spettacolare zuffa con un Cofferati ormai tramontato nei suoi rancori personali. Stigmatizza una minoranza dem che anziché dare sostanza alla sua identità e ai suoi progetti diventa parodia inseguendo in una escalation di fallimenti prima Tsipras, poi Podemos, infine Corbyn. Ricorre a Shakespeare per spiegare la liaison che sfuma nella psicanalisi tra D’Alema e Cuperlo. Solo per citare alcuni degli episodi e dei protagonisti di questa storia in cui vengono raccontati, con la consueta sincerità ai limiti dell’autolesionismo di Staino, tutti ma proprio tutti i personaggi che contribuiscono ad affollare quel bizzarro e rissoso saloon che è la sinistra italiana. E sullo sfondo il dramma dei migranti, la guerra e l’indescrivibile caos politico, morale e materiale di Roma. Come Staino sia riuscito a tenere tutto insieme lo scoprirete solo leggendo.
Bobo elegge a compagno di viaggio nel girone infernale delle polemiche Marlonbrando, un piccolo Virgilio rom che in questa storia ricopre il ruolo che solitamente Staino affida alla sua famiglia, quell’ancoraggio alla concretezza che rende stridente il contrasto tra la paralizzante etica dei princìpi e la realtà. Una scelta non casuale, nel clima di becero razzismo che attualmente avvelena il Paese. Sergio, che tra tesi e antitesi risolve con lo spiazzamento, dipinge un Renzi multitasking e superficiale, il “pallonaro fiorentino” sempre incollato al suo smartphone dal quale controlla e dirige tutto e tutti, sorvolando su ogni difficoltà e dissenso con il suo ormai proverbiale «Ce ne faremo una ragione». Regala una spettacolare zuffa con un Cofferati ormai tramontato nei suoi rancori personali. Stigmatizza una minoranza dem che anziché dare sostanza alla sua identità e ai suoi progetti diventa parodia inseguendo in una escalation di fallimenti prima Tsipras, poi Podemos, infine Corbyn. Ricorre a Shakespeare per spiegare la liaison che sfuma nella psicanalisi tra D’Alema e Cuperlo. Solo per citare alcuni degli episodi e dei protagonisti di questa storia in cui vengono raccontati, con la consueta sincerità ai limiti dell’autolesionismo di Staino, tutti ma proprio tutti i personaggi che contribuiscono ad affollare quel bizzarro e rissoso saloon che è la sinistra italiana. E sullo sfondo il dramma dei migranti, la guerra e l’indescrivibile caos politico, morale e materiale di Roma. Come Staino sia riuscito a tenere tutto insieme lo scoprirete solo leggendo.
Considerazioni finali
Ho letto questa storia striscia dopo striscia e l’ho molto amata, per la bellezza in sé, per la complessità della struttura e perché dentro ci ho ritrovato tutta l’intensiellekappa tà dei sentimenti che hanno spinto Sergio a scriverla. Bisogna avere decisamente coraggio, in questa epoca di comunicazione deformata dallo stradominio dei social in cui per essere considerati “fichi” bisogna gettare palate di fango sul Partito Democratico e poi correre a controllare sulla mitica rete quanti I like si è totalizzato, per dichiarare pubblicamente il proprio amore per questo partito (s’incorre nel processo inverso del linciaggio mediatico) pur conoscendo tutti i suoi difetti. Bisogna essere ostinati per trovare ancora – nonostante tutto – l’energia per richiamare tutti alla necessità della coesione in un partito sempre incerto tra la via Emilia e il West. E ci vuole l’orgoglio e la certezza della propria storia politica per avere la capacità di saper cambiare rimanendo se stessi in una realtà che intorno a noi cambia ogni giorno alla velocità della luce e non fa prigionieri. Ecco, Sergio Staino dentro ci ha messo tutto questo e anche molto di più. Con tutta l’ironia, la passione e l’affetto per questa banda di picchiatelli di cui è capace.
Ho letto questa storia striscia dopo striscia e l’ho molto amata, per la bellezza in sé, per la complessità della struttura e perché dentro ci ho ritrovato tutta l’intensiellekappa tà dei sentimenti che hanno spinto Sergio a scriverla. Bisogna avere decisamente coraggio, in questa epoca di comunicazione deformata dallo stradominio dei social in cui per essere considerati “fichi” bisogna gettare palate di fango sul Partito Democratico e poi correre a controllare sulla mitica rete quanti I like si è totalizzato, per dichiarare pubblicamente il proprio amore per questo partito (s’incorre nel processo inverso del linciaggio mediatico) pur conoscendo tutti i suoi difetti. Bisogna essere ostinati per trovare ancora – nonostante tutto – l’energia per richiamare tutti alla necessità della coesione in un partito sempre incerto tra la via Emilia e il West. E ci vuole l’orgoglio e la certezza della propria storia politica per avere la capacità di saper cambiare rimanendo se stessi in una realtà che intorno a noi cambia ogni giorno alla velocità della luce e non fa prigionieri. Ecco, Sergio Staino dentro ci ha messo tutto questo e anche molto di più. Con tutta l’ironia, la passione e l’affetto per questa banda di picchiatelli di cui è capace.
Post-scriptum
Riassunto dei tre più grandi insegnamenti che si traggono alla fine della storia: l primo miglior piatto dalle origini dell’uomo sono i tortellini in brodo; il secondo miglior piatto dalle origini dell’uomo sono le tagliatelle al ragù; il peggiore dei governi di sinistra è comunque sempre migliore del miglior governo di destra.
Riassunto dei tre più grandi insegnamenti che si traggono alla fine della storia: l primo miglior piatto dalle origini dell’uomo sono i tortellini in brodo; il secondo miglior piatto dalle origini dell’uomo sono le tagliatelle al ragù; il peggiore dei governi di sinistra è comunque sempre migliore del miglior governo di destra.